Scopri l’affascinante storia dell’abito più antico che si conosca. Ritrovato a Tarkhan, in Egitto, ha più di cinquemila anni. Nel 1913, il famoso archeologo britannico Sir Flinders Petrie stava scavando una necropoli dell’antico Egitto conosciuta come Tarkhan, situata a circa 50 chilometri a sud del Cairo. Tra le decine di tombe, corredi funerari e frammenti di tessuti non classificati, nessuno avrebbe mai immaginato che fosse sepolto uno dei tesori più straordinari della storia della moda e dell’archeologia tessile: un abito risalente a oltre cinquemila anni fa. Quel modesto pezzo di stoffa che per decenni era stato considerato un semplice mucchio di bende usate nei rituali funebri, si rivelò essere qualcosa di molto diverso. Oggi lo conosciamo come l’abito di Tarkhan, considerato il capo di abbigliamento confezionato più antico conservato al mondo. Si tratta quindi di un pezzo tagliato, cucito e fatto su misura, a dimostrazione che già agli albori della civiltà egizia esisteva un concetto estetico elaborato della moda.
Una scoperta dimenticata per decenni
Dopo lo scavo a Tarkhan, Petrie conservò il capo insieme ad altri resti tessili, avvolti in un pacchetto numerato, senza identificarlo. Per oltre 60 anni, quell’antico tessuto rimase negliarchivi del Petrie Museum of Egyptian Archaeology dell’University College di Londra, fino a quando, nel 1977, la conservatrice del Victoria and Albert Museum, Veronica M. Wilson, lo riscoprì.
Stendendo con cura il tessuto indurito dal tempo, Wilson scoprì qualcosa di insolito. Davanti a lei c’era un indumento perfettamente riconoscibile, con cuciture visibili, maniche pieghettate, scollo a V e un taglio che ne rivelava non solo la funzionalità, ma anche la vocazione estetica. La camicia o tunica corta mostrava segni evidenti di essere stata indossata, come suggerivano le naturali usure del tessuto, da una persona reale, forse una giovane donna o un’adolescente, prima di essere deposta nella tomba come parte del corredo funerario.
Una datazione rivoluzionaria
Per anni si è pensato che l’abito risalisse ai primi secoli dell’Egitto dinastico, ma l’ipotesi necessitava di una conferma. Nel 2015, un team dell’Oxford Radiocarbon Accelerator Unit ha effettuato una datazione al carbonio-14 direttamente sulle fibre di lino. I risultati sono stati sorprendenti. L’analisi ha confermato una datazione tra il 3482 e il 3102 a.C., con un’affidabilità del 95%.
Ciò colloca il capo agli albori dello Stato egizio, forse addirittura prima del regno del faraone Narmer, tradizionalmente considerato l’unificatore dell’Alto e del Basso Egitto. In altre parole, l’abito di Tarkhan è stato confezionato in un’epoca in cui le piramidi non esistevano ancora, quando la scrittura geroglifica stava appena iniziando a svilupparsi e le città egizie erano in fase di formazione.
Caratteristiche di un capo sorprendente
L’abito è stato realizzato con lino tessuto di alta qualità, proveniente da piante coltivate nella valle del Nilo. Le fibre sono state tessute con un ordito di 22-23 fili per centimetro e una trama di 13-14 fili per centimetro. Inoltre, presenta pieghe minuziosamente stirate sulle maniche e sul corpetto. Si stima che l’indumento, che ha perso la parte inferiore, dovesse originariamente arrivare fino al ginocchio o alla coscia.
Il design dell’indumento è composto da tre pannelli principali cuciti insieme, e il collo, a forma di “V”, suggerisce un design pensato per aderire al corpo. Non era una tunica ampia, ma un capo pensato per valorizzare la silhouette, sfidando la visione semplicistica secondo cui la moda è un’invenzione recente. Anche se non sono stati conservati coloranti, il tessuto presenta una striscia naturale di colore grigio.
Moda, identità e status nell’Egitto predinastico
Uno degli aspetti più affascinanti dell’abito di Tarkhan è che dimostra che l’attenzione alla moda e all’estetica personale era già comune cinque millenni fa. Il design dell’abito suggerisce una conoscenza pratica del fatto che un indumento poteva adattarsi alla forma umana per comunicare status, giovinezza o bellezza.
In questo contesto, questo indumento diventa una fonte di informazioni preziose sulle relazioni sociali e culturali dell’Egitto predinastico. Gli egittologi suggeriscono che l’abito apparteneva a una giovane donna dell’alta società, forse un membro dell’élite che, in questa fase della storia, stava iniziando a consolidarsi nella valle del Nilo.
D’altra parte, il fatto che sia stato deposto in una tomba indica che l’abito manteneva un ruolo simbolico e rituale durante tutta la vita dell’individuo, al punto da accompagnare il defunto nel suo viaggio nell’aldilà. La combinazione di uso quotidiano e funzione funeraria conferisce all’abito un doppio significato: era parte della vita, ma anche della morte.
Conservazione e eredità
Attualmente, l’abito di Tarkhan è esposto al Petrie Museum di Londra, dove è presentato non solo come una rarità archeologica, ma anche come una pietra miliare nella storia dell’abbigliamento. La sua conservazione è stata possibile grazie alle condizioni estremamente secche del deserto egiziano, che hanno permesso la sopravvivenza di tessuti organici che, in altre circostanze, si degradano in pochi decenni.
Un simbolo di civiltà
Al di là della sua antichità, l’abito di Tarkhan rivela il bisogno umano di esprimersi attraverso i vestiti, di creare un’identità personale e sociale attraverso il modo di vestire. In un’epoca precedente alle piramidi, alle dinastie e allo splendore del Nuovo Regno, qualcuno ha tessuto, tagliato e cucito questo capo pensando a come sarebbe stato sul corpo di una persona in particolare.
Quell’intuizione estetica, quella cura nel valorizzare la forma e la vestibilità, non è un’invenzione moderna, ma una continuità storica che risale alle origini della civiltà. L’abito di Tarkhan, nella sua fragile silhouette di lino, ci ricorda che anche nelle prime pagine della storia umana stavamo già creando cultura attraverso la moda.