Salvati dall’estinzione: la rinascita di 20 specie che erano sull’orlo del baratro

Dal lince iberico al tamarino dorato, diverse specie in tutto il mondo sono riuscite a riprendersi grazie a decenni di conservazione attiva. Per decenni, le notizie sulle specie in via di estinzione hanno dominato i titoli dei giornali dedicati all’ambiente. Ma nel mezzo del deterioramento globale della biodiversità, ci sono storie che rinnovano la speranza: almeno 20 specie che erano sull’orlo dell’estinzione sono riuscite a recuperare le loro popolazioni grazie all’intervento umano. Uno dei casi più emblematici è quello del lince iberico, considerato per anni il felino più minacciato del pianeta. Nel 2001 ne sopravvivevano solo circa 60 esemplari in libertà. La combinazione di riproduzione in cattività, rilascio pianificato e ripristino del loro habitat ha reso questo progetto un modello di conservazione replicato in altre regioni.

L’intervento umano come motore della ripresa

Oltre ad essere sull’orlo dell’estinzione, ciascuna di queste specie rappresenta un simbolo dello sforzo congiunto di governi, comunità locali, ONG e ricercatori che hanno scommesso sul possibile, sull’irreversibile. Questi esempi non sono semplici aneddoti, ma dimostrano che la natura ha capacità di resilienza se le viene dato spazio e tempo.

In Sud America, il tamarino leone dorato, un piccolo primate che vive nei frammenti di foresta atlantica in Brasile, è passato da appena 200 esemplari negli anni ’70 a oltre 3.200. La strategia ha combinato l’allevamento in cattività, l’educazione ambientale e i corridoi biologici che hanno permesso di ricollegare popolazioni isolate.

In Nord America, l’aquila calva, uccello simbolo degli Stati Uniti, ha subito un drastico calo della popolazione nella seconda metà del XX secolo a causa dell’uso del pesticida DDT, che indeboliva il guscio delle uova. Dopo il divieto del prodotto e la dichiarazione di specie protetta, il numero di aquile calve è aumentato di 20 volte in tre decenni.

Casi come quello della tartaruga gigante delle Galapagos dimostrano che anche gli ecosistemi più fragili possono rigenerarsi se vengono prese le misure giuste. Il controllo delle specie invasive, l’incubazione delle uova in centri specializzati e il rilascio strategico di esemplari hanno permesso di salvare dall’estinzione sottospecie che esistevano solo su un’isola dell’arcipelago.

In Asia e Africa, specie come il rinoceronte indiano, il rinoceronte bianco e il bufalo rosso dei boschi hanno visto crescere le loro popolazioni grazie a politiche governative volte al ripristino dei parchi nazionali. Anche la lotta al bracconaggio e la creazione di progetti di turismo ecologico che hanno rivalutato la loro presenza sono stati fondamentali.

Anche l’Oceania dà segnali di speranza

La Nuova Zelanda e l’Australia offrono esempi incoraggianti. Il kakī (cavaliere nero), un uccello estremamente raro, è passato da meno di 30 esemplari in libertà a oltre 200 grazie a programmi di conservazione.

La sua conservazione ha richiesto un monitoraggio intensivo, l’allevamento artificiale e una difesa ferrea delle sue zone umide. Nel frattempo, il wombat del nord, vittima di malattie e della perdita del suo habitat, ha iniziato a riprendersi grazie alla creazione di rifugi specifici e all’intervento di veterinari specializzati.

Il wombat dal naso peloso del nord, una delle specie più rare dell’Australia, ha iniziato a riprendersi grazie alla creazione di rifugi specializzati e al monitoraggio veterinario costante.

Ognuna di queste storie è anche un monito: per salvare una specie non basta proteggere pochi esemplari. È necessario ripristinare il loro ambiente, cambiare le pratiche umane che li mettono in pericolo e sostenere lo sforzo per anni.

20 specie salvate dall’estinzione

Di seguito riportiamo un elenco delle altre specie che sono “sopravvissute”, con una breve descrizione della loro situazione precedente e del percorso compiuto fino al loro recupero:

Specie Ubicazione Recensione breve
Panda gigante Cina Programmi di riproduzione e conservazione del bambù l’hanno salvato dall’estinzione.
Condor della California USA (California) Salvato quando rimanevano solo 27 esemplari negli anni ’80; oggi ce ne sono oltre 300 in libertà.
Bufalo rosso di foresta Africa centrale Progressi grazie alla sorveglianza e al ripristino del suo habitat forestale.
Cervo di Padre David Cina Estinto in natura, è stato reintrodotto con successo dagli zoo.
Antilope saiga Asia centrale (Kazakistan) Campagne contro la caccia e protezione nelle riserve ne hanno permesso il recupero.
Lupo messicano Messico e USA Reintroduzione controllata da allevamenti ha salvato questa sottospecie.
Avvoltoio testa rossa Asia e Sud-est asiatico Restrizioni su farmaci veterinari tossici hanno fermato il declino.
Gazzella dama Africa del Nord Programmi di riproduzione e reinserimento in aree protette hanno avuto successo.
Caimano dell’Orinoco Venezuela e Colombia Da “critico” a “vulnerabile” grazie alla protezione delle zone umide e ripopolamento.
Nasica Borneo La protezione delle mangrovie è stata cruciale per fermarne l’estinzione.
Tartaruga liuto Caraibi e Pacifico meridionale Divieto di cattura e protezione dei nidi ne hanno migliorato la sopravvivenza.
Pinguino africano Africa meridionale Educazione comunitaria e regolamentazione della pesca ne hanno invertito il collasso.

Secondo l’ultimo aggiornamento della Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), oltre 47.000 specie continuano ad essere a rischio di estinzione nel mondo. E molte altre potrebbero aggiungersi se non si prendono decisioni immediate.

Un richiamo all’attenzione (e alla speranza)

Salvare una specie non significa solo conservare un simbolo: implica mantenere funzioni ecologiche vitali, proteggere la diversità genetica e rispettare l’equilibrio da cui dipende anche la vita umana. Come ha detto una volta il naturalista E.O. Wilson, “la biodiversità è l’infrastruttura della vita” e ogni volta che una specie viene recuperata, quella rete si rafforza.

Sebbene ci sia ancora molto da fare, queste vittorie, spesso silenziose, dimostrano che è ancora possibile invertire il danno. Ma solo se agiamo ora, con determinazione e senza sosta.