Solo pochi decenni fa, questa civiltà situata nell’odierna Andalusia ed Estremadura era avvolta nel mistero, ma le nuove scoperte stanno ridefinendo ciò che sappiamo di essa. La cultura di Tartesso esisteva nella penisola iberica durante l’età del bronzo, secoli prima dell’arrivo dei Romani (le prime menzioni risalgono al VI secolo a.C.). La sua origine è il primo dei tanti misteri che la circondano: si è ipotizzato che fossero popolazioni locali, ma anche che potessero provenire dal Vicino Oriente o essere eredi dei poco conosciuti popoli del mare. Già gli antichi Greci ne parlavano: Erodoto e Strabone descrivono una terra ricca e fertile, ricca di metalli preziosi, sulle rive di un fiume. È stata identificata con il mitico giardino delle Esperidi, un frutteto custodito dalle ninfe dove Ercole, Hercule per i Romani, rubò le mele d’oro in una delle sue dodici prove.
Tartesso: la civiltà perduta tra mito, storia e le tracce dei Fenici
Anche lo storico romano Plinio il Vecchio parla di Tartesso, anche se in modo impreciso, situandolo nella zona di Gadir, o Cadice, dove Eracle, in un’altra delle sue prove, sconfisse il gigante Gerione. Non sono gli unici miti greci legati a Tartesso: i testi di Platone collocano la leggendaria Atlantide oltre le colonne di Ercole, cioè oltre lo stretto di Gibilterra, il che ha dato adito a speculazioni sul fatto che potesse riferirsi al sud della penisola iberica. È stata avanzata l’ipotesi che le isole e le paludi che circondano la foce del Guadalete, vicino a Cadice, potessero essere collegate ad Atlantide.
Nei suoi Dialoghi Timeo e Critias, Platone descrive come Atlantide fosse potente e prospera fino a quando, a causa della sua arroganza e corruzione, fu punita dagli dei e scomparve in un solo giorno e una notte di sventura, sommersa dal mare. Questa improvvisa scomparsa è un elemento centrale del mito e ha generato teorie di ogni tipo, da interpretazioni letterali a simboliche.
La cultura di Tartesso, che sembra essere svanita nella nebbia della storia, potrebbe evocare la scomparsa Atlantide, ma la verità è che c’è una spiegazione più semplice: non sembra che avessero un sistema di scrittura sviluppato, quindi troviamo riferimenti su di loro solo attraverso i loro contemporanei che hanno lasciato testi scritti: greci, romani e fenici.
Proprio i Fenici ebbero un’importanza cruciale nella cultura tartessica. Questo popolo, originario dell’attuale Libano, iniziò la sua espansione nel Mediterraneo intorno al XII secolo a.C., spinto principalmente da motivi commerciali e dalla necessità di accedere a risorse naturali che scarseggiavano nella sua terra natale, come metalli e materie prime. Questa espansione fu anche una risposta alla pressione di altri popoli, in particolare gli Aramei e gli Assiri, che competevano per il controllo delle rotte commerciali e dei territori nel Levante.
Oltre alla famosa Cartagine, nel Nord Africa, i Fenici fondarono Gadir (Cadice) e Malaka (Malaga) nella penisola iberica. Cadice, fondata dai Fenici nel 1100 a.C., è una delle città più antiche d’Europa ad essere stata abitata in modo continuativo. Plinio il Vecchio racconta che i Fenici cercarono un luogo sulla costa dove fondare l’insediamento e che gli indovini cercarono il consenso dei loro dei leggendo le interiora di animali sacrificati, scartando diverse località prima di optare per l’isola su cui fu fondata.
L’ipotesi attualmente accettata è che la cultura tartessica, sebbene originaria della penisola iberica, abbia ricevuto una forte influenza fenicia dalla neonata Cadice: nei tesori tartessici sono stati rinvenuti gioielli e oggetti metallici fenici, ma anche simboli religiosi, come il segno della dea madre Tanit in siti archeologici dell’Estremadura.
Lo storico tedesco Adolf Schulten fu un pioniere nella ricerca di Tartesso, quando nel 1922 intraprese una serie di scavi nella valle del Guadalquivir, convinto che la mitica Tartesso potesse essere trovata partendo da Cadice. Si basò sui riferimenti geografici degli autori dell’antichità e, sebbene non identificò la posizione esatta, trovò tracce che indicavano un insediamento importante, con oggetti di lusso, utensili e ceramiche che suggerivano una forte interazione con i Fenici.
Il lavoro di Schulten ha spinto le generazioni successive di archeologi e storici a continuare le ricerche e gli scavi nella regione, portando alla scoperta del tesoro di Aliseda nel 1920, quello di El Carambolo nel 1958 e alle recenti scoperte degli insediamenti di Cancho Roano nel 1978 e Casas del Turuñuelo nel 2015.
Quest’ultimo, attualmente in fase di scavo, continua a risolvere interrogativi e a sollevarne di nuovi sulla civiltà di Tartesso, che non ha ancora svelato tutti i suoi segreti.